L’Intervista di F. Fellini

Uno dei film in cui si nota di più l’estro creativo di Federico Fellini, nonostante non sia il suo capolavoro più famoso, è, indubbiamente, L’intervista.
Nella pellicola a colori, troviamo la macchina del cinema all’interno di un prodotto destinato a esso. Il genere dell’opera, che mischia il documentario con la fiction, spazia dal biografico al fantastico.
All’inizio del lungometraggio, troviamo un Fellini impegnato nelle riprese in notturna di un nuovo film a Cinecittà. L’arrivo di una troupe televisiva giapponese, che giunge nella Capitale per intervistarlo, gli offre il pretesto di ripercorrere vari momenti della sua carriera, in modo particolare il primo arrivo negli studi di via Tuscolana, avvenuto negli anni ’40. Da qui, una lunga sequenza dove troviamo Sergio Rubini impegnato a interpretare il suo alter ego giovanile.
Con abile bravura, il Maestro riminese ci catapulta, poi, nella preparazione di un suo prossimo ipotetico film tratto dall’America di Franz Kafka. Ecco che lo vediamo, insieme al suo storico assistente, alle prese con i casting, dove sono presenti “attori” provenienti dalla strada, selezionati persino in metropolitana.
Tutto d’un tratto irrompe, da una finestra, Marcello Mastroianni vestito da Mandrake, il quale si reca insieme al regista in una villetta, dove abita Anita Ekberg. Commuovente è il momento in cui i tre si ritrovano e Fellini riesce a dipingere la scena, nella quale Anita viene messa a confronto con la lei di circa trent’anni prima ne La dolce vita, senza alcun stereotipo, regalandone un’immagine piena di dolcezza e fascino.
“L’unico vero realista è il visionario.”
F. Fellini
L’opera prosegue, mostrando scene oniriche, ma tipicamente felliniane, come l’arrivo di una pioggia nel bel mezzo delle riprese, che costringe cast e troupe a ripararsi sotto un capanno provvisorio e a trascorrervi anche la notte. Questi, all’alba del nuovo giorno, si svegliano scoprendo una surreale invasione di una sorta di indiani che, invece di combattere con le lance, usano delle antenne televisive. Ciò a simboleggiare satiricamente l’attacco delle emittenti al mondo cinematografico.
Il film finisce e il termine del prodotto audiovisivo vero e proprio coincide, nella narrazione, con la conclusione delle riprese, ambientata nel periodo natalizio.
È importante evidenziare, infine, che Fellini aveva già inserito, in 8 e ½, il metacinema, mentre, parallelamente, vedeva la luce anche il film collettivo Ro.Go.Pa.G., nel quale Pier Paolo Pasolini, regista dell’episodio La Ricotta, servendosi del medesimo effetto, introduceva una satirica critica all’industria filmica del tempo.